L’attentato

di Harry Mulisch.

Gennaio 1945. Quasi tutta l’Europa è stata liberata; la gente fa di nuovo festa e si appresta a dimenticare la guerra. A Haarlem, però, il conflitto è tutt’altro che finito; tedeschi e polizia fascista pattugliano ancora incessantemente le strade. In periferia, in una delle quattro case dai nomi spensierati – Bel Sito, In Quiete, Dolce Sorpresa, Pace Silente – che si ergono su una via qualsiasi, gli Steenwijk si apprestano a finire la giornata. Sono le otto di sera, l’ora del coprifuoco, l’ora di andare a dormire. Nel gran silenzio che avvolge la casa – niente radio, niente telefono – risuonano improvvisamente per strada sei spari secchi. Il diciassettenne Peter Steenwijk si precipita fuori. Davanti alla casa del signor Korteweg, giace una bicicletta e, accanto, un uomo, morto stecchito. È Fake Ploeg, ispettore capo della polizia fascista, il più efferato assassino e traditore di Haarlem e dintorni. Il ragazzo rientra rapidamente in casa e si unisce alla madre, al padre e ad Anton, il fratello più piccolo, a osservare gli eventi al riparo del bovindo. Davanti ai loro sguardi esterrefatti si svolge una scena sconcertante: il signor Korteweg e sua figlia Karin escono da Dolce Sorpresa, la loro casa, afferrano per le spalle e per i piedi il cadavere del collaborazionista e lo depositano di fronte alla porta di casa degli Steenwijk. Di lì a poco motociclette, automobili grigie e camion militari tedeschi sbucano da ogni dove. La rappresaglia nazista si abbatte sugli Steenwijk. La casa è distrutta, la famiglia decimata. Soltanto il giovane Anton viene lasciato in vita. Trascorreranno gli anni, la guerra sarà consegnata all’armadio della Storia, Anton crescerà e cercherà di dimenticare gli eventi di quella tragica notte. Ma i fantasmi del passato torneranno inevitabilmente a bussare alla sua porta, sollevando la polvere dei ricordi.

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